A Oltre Scrittura il musicista Silvano Staffolani


 Nel mio spazio oggi un artista che mi ha incuriosita  fin dal primo ascolto dei suoi brani.  Di lui mi colpisce la sua genuinità. La sua musica e i suoi testi  mi ricordano il mondo degli artisti di strada, arte ancor oggi spesso sottovalutata, ma che racchiude infinita Poesia. Ascolto questi suoi brani e colgo sfumature di tempi
passati,  le  sonorità e le parole  mi conducono all’ originalità dell’ arte, quella che germoglia fin dentro all’ anima e si alimenta di naturalezza  che non si nutre di apparenza, ma vive di passione spontanea.   A Oltre Scrittura con grande piacere ospito  il musicista e compositore  Silvano Staffolani

INTERVISTA 
Il tuo primo approccio musicale avviene in adolescenza dove entri in sintonia con i Ramones (gruppo, punk rock americano, nato a fine anni 60)  cosa  trovi in questa corrente musicale da spingerti a seguirla ?
I Ramones hanno rappresentato quanto di più rivoluzionario ci fosse all’interno di quel movimento musicale/culturale noto come Punk. Più di qualsiasi altro gruppo con il loro esempio hanno permesso (o comunque dato l’illusione) a chiunque di potersi approcciare al mondo della musica da musicista con l’idea che “se loro lo possono fare anche io posso”: strumentazione essenziale (tutt’altro rispetto a quella dei grandi gruppi rock che avevamo una dotazione di strumenti da mutuo vita natural durante – erano gli anni del progressive rock) – look ribelle e stradaiolo (in contrapposizione anche al look da discoteca – a quei tempi per entrare in discoteca dovevi avere il look “giusto”, pensa non erano neanche ammesse le “scarpe da tennis” tipo converse tanto di moda negli ultimi anni) – canzoni pop brevi, semplici e di facile presa che si potevano cantare e suonare pur senza avere frequentato il conservatorio…(negli stessi anni in cui i gruppi che “sapevano suonare” scrivevano vere e proprie suite più che canzoni). Essere sé stessi contro ogni ordine precostituito, avere a disposizione il mondo intero e conquistarselo con le proprie forze, fregarsene del giudizio degli altri; ogni adolescente dovrebbe avere in mente questo ed i Ramones lo hanno rappresentato benissimo. Il brano “I don’t care” dei Ramones è stato il primo brano in assoluto che io abbia imparato a suonare, un buon punto di partenza direi ed anche di arrivo visto che da poco l’ho registrato in una versione in italiano. 
 Insieme a Johnny chitarrista e Dee Dee bassista dei Ramones 
Negli anni 80, canti in un  gruppo i Crazy Dolls. Sensazioni emozioni della tua  prima volta davanti a un pubblico. 

Ho iniziato nel gruppo come bassista, all’inizio non c’erano molte possibilità di suonare in giro, pochi i locali e pochi gli spazi per gruppi tipo il nostro. I concerti rimediati erano una sorta di avventura dove tutto poteva capitare, più che veri e propri concerti erano eruzioni vulcaniche, sono passato alla storia come l’unico bassista in grado di rompere le corde del basso durante i concerti e i Crazy Dolls credo possano essere uno dei pochi gruppi che sono riusciti a farsi cacciare anche da una festa dell’unità (avevano male interpretato la nostra versione teatrale di “aspettando Godot” sulle note di un pezzo dei Sex Pistols). Poi le cose sono un po’ cambiate ed abbiamo iniziato a girare per l’Italia dei centri sociali confrontandoci con altre realtà ed altri problemi, i concerti non erano più solamente caos ma opportunità di crescita personale entrando in contatto con realtà ben distanti dalla nostra piccola provincia. I primi concerti però li ho fatti con un gruppo formato alle scuole superiori, suonavo la chitarra elettrica ed ero preoccupato solamente di suonare bene…emozione? Paura vera e propria direi per la prima volta di fronte al pubblico.   
I primi Crazy Dolls)
Alcuni brani dei Crazy Dolls :

La tua prima composizione cosa ti indusse a comporla?  Ricordi di quel testo 
C’è un pezzo che considero “la mia prima composizione” anche se è arrivato dopo tanti anni di musica; c’è dietro una forte storia ed è più o meno un messaggio/lettera spedito con l’idea che in un modo o nell’altro arrivi a destino ed anche se ciò non avvenisse rappresenta comunque una frazione di tempo sospeso dove non esistono più distanze di tempo e di spazio e chi mi è caro torna, anche se solo per un attimo, accanto a me; contiene queste parole “ah Silva’ e famme gira’ “, che era un invito esplicito ad un valzer sfrenato di quelli che in pochi riescono a danzare; quando mi capita di cantare questa canzone sento nuovamente che da lì a poco riprenderò a ballare insieme a quel sorriso e la magia della musica si rinnova ogni volta. Questa è la registrazione originale chitarra e voce, da lì tutto è cominciato e da allora non mi sono più fermato.

 Il tuo percorso musicale attraversa vari stadi, passa dal punk degli anni 80: chitarra acustica, suoni elettrici e distorti per poi rivalutare la  musica tradizionale più intimistica  e nei primi anni 90  predominano nel tuo percorso le tastiere.  Cosa ti hanno dato questi due generi? A quale dei due,  in questo momento della tua vita, ti senti più affine ?

Il punto di partenza e di arrivo sono all’incirca la stessa cosa, tutto quello che mi aveva affascinato all’inizio è andato via via scomparendo per la progressiva scomparsa della genuinità del rock. Nella musica e nei testi ho sempre ricercato la semplicità, la passione, l’istinto ancor prima della ragione; la musica è rapimento ma non solo della mente, tutto il corpo ne deve essere partecipe. Nella storia della musica tutto inizia con un suono percussivo: il tamburo scandisce il ritmo ed i corpi danzano mentre una voce li guida…il tempo ha creato poi tante di quelle sovrastrutture che la base non si riesce neanche più a distinguerla. Ti rigiro questo consiglio che a me è stato dato e che è sempre da tenere in mente : non pensare a cosa puoi aggiungere, devi pensare a cosa poter togliere; quando faccio musica mi guidano queste parole. Nel tempo il bagaglio che mi porto dietro si fa sempre più ingombrante, la mia curiosità mi spinge sempre verso nuovi strumenti, nuove sonorità e lo studio della musica accresce il desiderio di esplorare nuove armonie/melodie ma il risultato è sempre lo stesso: di tutto quello che mi porto dietro a cosa posso rinunciare?Oggi ho ritrovato nella musica folk quello che più si avvicina allo spirito rock dell’inizio, ci sono tante di quelle belle persone che gravitano in questo mondo legato alle sonorità tradizionali, tutte spinte da passione genuina, prive di orpelli barocchi, capaci di fare musica con strumenti a volte anche improvvisati, soprattutto capaci di divertirsi insieme agli altri e dove tutto è permesso e concesso, Una nuova armata pronta a combattere contro i mulini a vento con il suono dell’organetto. 
Da quando ho iniziato a suonare ho sempre avuto un sogno ed era quello di poter suonare senza il vincolo del palco, dell’elettricità, dei permessi siae, del locale che ti ospita, della pubblicità per avere pubblico…insomma suonare in totale e assoluta libertà dove e quando ne avessi avuto voglia. Dopo svariati anni nella nostra zona abbiamo iniziato a creare le mazurke clandestine, succede che i musicisti si mettono d’accordo sul dove (una piazza possibilmente centrale e quanto più rappresentativa/caratteristica del paese/città) e sul quando (in genere la sera dubito dopo cena), si avvertono i ballerini con il passaparola di internet e al momento giusto si suona e si balla mentre gli spazi cosiddetti “comuni” tornano ad avere la funzione per cui sono stati pensati e creati, la gente normale se ne riappropria e li vive.
Ci sono giusto alcune, poche ma essenziali regole: tutti gli strumenti sono acustici, nessuna amplificazione dunque, ci si porta dietro solitamente da mangiare e da bere e quando si va via il posto deve essere pulito così come è stato trovato. Vi va di partecipare alla prossima mazurka clandestina?


Nel tuo percorso artistico oltre alle tue innumerevole esibizioni, trovi il tempo per realizzare due cd  il primo nasce a fine 2013 “Cartoline d’autore”( ricordo che il cd può essere scaricato gratuitamente dal sito clicca qui o ascoltato IN  STREAMING CLICCA QUI


Successivamente  a luglio 2014 nasce   …. Di paesi, persone ed animali. Due parole su queste tuoi album ?
La prima cartolina spedita è stata proprio la canzone “ah Silva’ e famme gira’” di cui parlavamo sopra; dopo quella ne sono venute fuori molte altre e ciascuna in effetti rappresenta una scena di vita, una vera e propria immagina fermata in un particolare momento, un quadro che prende vita e che nello spazio di una canzone racconta una storia. Non ci sono solo testi mie, ho incontrato un paroliere veramente eccezionale : Bruno Trillini. Lo conoscevo già per diversi suoi testi che avevo musicato di genere e stile popolare finché un giorno mi porta un testo dicendomi “sai io scrivo anche di queste cose…vedi tu se si possono musicare”…da allora questi suoi cassetti segreti pieni di vera e propria poesia sotto forma di canzone pian piano sono stati aperti e le note hanno iniziato a vestire le parole; ci sono molto canzoni nei due cd firmate Trillini/Staffolani ed il guardaroba contiene tantissime altre canzoni non ancora incise. Una volta terminate credo che le canzoni siano davvero simili a cartoline spedite ad un destinatario sconosciuto che prima o poi se la ritrova tra le mani, e capisce che erano destinate proprio a lui perché riconosce un luogo dove è già stato o dove prima o poi immagina che si troverà…magari proverà anche un po’ di curiosità a proposito del mittente.



Riallacciandomi al tuo secondo cd,  due tue canzoni vengono rielaborate  per uno spettacolo teatrale di grande valenza sociale spettacolo condotto e voluto dalla Lega del filo d’oro, un tuo personale commento su cosa è stato fatto e cosa si può ancora fare  per aiutare questi ragazzi?

Da molti anni sono uno dei volontari che collaborano con la Lega del Filo d’Oro, che è un istituto per pluriminorati psicosensoriali. Faccio parte del gruppo teatrale “l’allegra brigata”
Fabietto 
 ed i nostri spettacoli, che ormai sono una costante nel tempo, toccano diversi generi ed argomenti. In uno degli ultimi, parte di un ampio progetto europeo in cui era richiesto a diverse compagnie di mettere in scena “la Tempesta” di William Shakespeare, a causa di un vincolo siae che ci impediva di utilizzare musiche depositate e coperte da diritto d’autore, si è corso il pericolo che una delle nostre attrici, bravissima cantante, non potesse esibirsi essendo lei abituata a cantare canzoni più o meno famose ma comunque di autori noti. “E il problema dov’è ? La scrivo io la canzone per lei” e l’ho fatta sentire agli altri 
ed è nata “la canzone di Ariel” …e che emozione sentirla cantare da lei

sempre per lo stesso spettacolo poi abbiamo utilizzato 
“Calibano, la canzone della libertà”che avevo scritto per un altro attore ma essendo poi cambiati i ruoli alla fine l’ho cantata io.
Per rispondere alla tua domanda ti posso dire che ci sono diversi modi di “aiutare”, come tu dici, persone che hanno difficoltà (e detta così si potrebbe aggiungere : e al giorno d’oggi chi non ne ha?); bisogna fare attenzione a chi è intorno a noi, con chi veniamo in contatto. La prima cosa è la giusta informazione. Sai nel confronto con gli altri spesso è la paura che predomina, si ha paura di ciò che non si conosce, di quanto è diverso e distante da noi…l’ignoto.
E’ comprensibile. Quello che veramente dovrebbe caratterizzare l’essere umano credo possa essere il desiderio di conoscere, tentare almeno di capire e farsi domande; ecco questo è il punto di partenza. Togliere dall’isolamento chi non ha le nostre stesse percezioni è quello che spinge tante persone ad aiutare gli altri, poi ci sono dei percorsi che ciascuno può intraprendere e si tratta solo di appropriarsi di alcuni metodi di comunicazione (imparare una lingua straniera in effetti non è altro che questo, desiderio di entrare in contatto con altri distanti e diversi da noi) da utilizzare per entrare più semplicemente in contatto. Attenzione però: non basta sapere tutte le lingue del mondo se poi non si sa o non si ha voglia di comunicare. Cosa si può fare di più? Far sentire la nostra presenza. Avere la certezza di avere qualcuno accanto è già il migliore aiuto possibile che si possa avere.
L’ultimissimo spettacolo che abbiamo portato in scena portava il titolo di “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” e questa è la canzone utilizzata CLICCA QUI

In un mondo sempre più restio all’ ascolto che spesso  e volentieri si opta per musichette, jingle senza vera identità.  Quanto vale ancora  il messaggio dentro una canzone?

Hai scoperchiato la pentola con l’acqua che bolle e che ora si sta rovesciando…purtroppo è vero, c’è tutto un pubblico ormai disabituato all’ascolto e all’attenzione così come molti musicisti sono disabituati a suonare per un pubblico. Oggi spesso è la normalità che ci sia chi suona e lo fa per sé stesso, propinando una sorta di “mostra” dell’articolo in vendita che sia la bravura del musicista o la qualità della strumentazione, d’altro canto chi dovrebbe ascoltare è invece intento a…chiacchierare ad alta voce con il vicino e comunque ad assumere un atteggiamento da spese al mercato settimanale. Bene, pubblico e musicisti in questo caso si sono trovati! Non sempre è così, forse un po’ di educazione da parte di entrambi riporterebbe un giusto equilibrio e di rispetto per la forma artistica.
Il messaggio dentro una canzone è importante se non ti poni il problema che arrivi immediatamente all’ascoltatore che hai di fronte. I percorsi dell’arte sono strani, è sempre il famoso scritto che il naufrago affida alla bottiglia…arriverà, arriverà solo che non puoi sapere né a chi né quando.



Progetti futuri ?

Chiudere la trilogia delle cartoline d’autore, devo terminare ancora qualche canzone così poi avremo : “Cartoline d’autore…di paesi persone e animali…di cui qualcuna giunta a destino” speriamo che nel frattempo le poste non aumentino di nuovo i francobolli!

Un  messaggio per chi ti segue.

State sbagliando di grosso, non seguitemi; tutt’ al più camminate al mio fianco.

 Quanto è importante il sogno nella tua vita ?


Il sogno è la vita. Non si dovrebbe cedere alla razionalità sempre e comunque, come l’aria che respiriamo è essenziale per le funzioni vitali del corpo così l’immaginazione ed il sogno lo sono per la mente. Guardare oltre e farsi tutte le domande possibili fregandosene se le risposte arrivano o meno. A colazione due fette di pane e un po’ di utopia spalmata nel mezzo, così si affronta meglio la giornata. Non bisogna lasciare a nessuno la possibilità di privarci di sognare. Il sogno è nostro, è gratis e bisogna stare molto attenti perché spesso…i sogni si avverano.



Per l’ascolto di “cartoline d’autore” 2013
per l’ascolto di “Sulla spiaggia/solarino” 2014
per l’ascolto di “…di paesi, persone e animali” 2014
CLICCA QUI

Intervista curata da Monica Pasero

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